Qui su Skincare&Psicofarmaci si parla di argomenti leggeri, lo sappiamo bene. Quando abbiamo aperto il blog volevamo creare un magazine per donne che fosse interessante ed utile, dando consigli pratici che possano venir subito messi in pratica. Ultimamente però abbiamo deciso di affrontare argomenti legati al femminismo e all’ecologia (anche su Instagram e nella nostra newsletter!), e lo abbiamo fatto sempre nel nostro stile: informare, consigliare, offrire spunti pratici. Siamo convinte che siano due battaglie fondamentali per il nostro tempo e grazie alla risonanza mediatica è il momento giusto per parlarne: sensibilizzare anche solo una persona alla volta può avere un effetto esponenziale enorme. È la stessa idea che sta dietro al progetto http://www.30ecodays.com/, a cui abbiamo aderito con piacere e che condivideremo sul nostro Instagram. È il nostro potere, sfruttiamolo!

Per questo motivo oggi affrontiamo un argomento complesso e delicato, da cui però è necessario rimuovere ogni tabù se vogliamo, un domani, vivere in un mondo più inclusivo e adatto per tutti, uomini e donne. Il ciclo infatti non è solo questione di ormoni che fluttuano (come abbiamo spiegato qui), è anche una condizione che – purtroppo! – coinvolge anche il nostro essere donna, le discriminazioni di genere a cui siamo sottoposte, le scelte ecologiche che possiamo o non possiamo fare e la nostra posizione economica.

Le mestruazioni, prima di tutto, sono ancora un tabù. Questo causa disagio in alcuni paesi come il nostro, dove ancora imbarazza andare in bagno con una bustina al seguito o dire liberamente agli amici o ai colleghi di lavoro “ehi, oggi ho le mestruazioni!”. Quante volte ti sei trovata in difficoltà perchè non potevi esprimere liberamente questa tua condizione? Magari avevi mal di pancia e non ti sentivi di allenarti, ma non sapevi come dirlo. Magari hai dovuto sussurrare tra le amiche peggio dei Carbonari per avere un assorbente, mentre avresti potuto chiederlo a voce alta.

Ma tutto questo è niente rispetto al tabù che ancora sopravvive in altri paesi, come l’India o gli stati del continente africano. Qui le ragazze sono praticamente costrette a saltare la scuola e le mestruazioni rappresentano una delle cause dell’abbandono scolastico. Saltare 5 giorni al mese ha un grosso impatto sul rendimento, infatti, e tante preferiscono rinunciare. Tutto questo perchè non c’è un supporto adeguato, culturale e sanitario, che permetta a queste donne di vivere liberamente le proprie mestruazioni. Al di là del problema pratico ed economico di dove procurarsi dei dispositivi per le mestruazioni (di cui parleremo fra poco), il tabù è talmente forte che in alcuni stati africani per le ragazze è un problema lavare e stendere al sole gli stracci che hanno usato per assorbire il sangue, perchè questo vorrebbe dire far vedere a tutti che si hanno le mestruazioni. E le mestruazioni sono qualcosa di impuro, che ti rende un essere umano di serie B.

Consigli di lettura: Assorbenti nel mondo in via di sviluppo

Oltre al problema culturale, in molte parti del mondo c’è un grosso problema di ordine pratico, cioè come avere accesso a questi dispositivi, come lavarli, come disinfettarli, come renderli sicuri nel loro utilizzo e pratici. Il costo è sicuramente un primo scoglio enorme. Nel documentario Netflix vincitore di un Oscar “Period. End of sentence” (un gioco di parole intraducibile dove period significa sia mestruazioni che “punto e basta”) vediamo come l’invenzione di un nuovo modo per costruire assorbenti possa cambiare la vita delle donne indiane. È importante che una soluzione come questa sia realizzabile con i materiali e i macchinari del luogo, che dia lavoro alle donne stesse (non vogliamo davvero pensare a quanto sia ingiusta la distribuzione del reddito globale sulla base del genere) e che gli assorbenti così prodotti siano economicamente accessibili.

Anche iniziative come il Flo kit sono lodevoli, ma non possono risolvere il problema di fondo. Il kit è composto da assorbenti lavabili e da un sistema di lavaggio che assicura di consumare meno acqua e di poter funzionare anche come stendino che non fa vedere il contenuto (proprio per il problema di cui parlavo prima), ma necessita comunque di acqua corrente pulita e di detersivo, elementi non scontati in alcune parti del mondo!

Lo discorso vale anche per la Ruby Cup, una coppetta mestruale che assicura al consumatore di donare una coppetta ad una ragazza africana per ogni coppetta acquistata. È una fantastica idea – ma, ancora una volta, non migliora la condizione di chi non ha poi modo di cambiare la coppetta in sicurezza e di disinfettarla come si deve tra un ciclo e l’altro, per non parlare di sciacquarla con acqua pulita ad ogni cambio. Se viene scomodo alla nostra Sara in vacanza, figuriamoci quanto possa essere scomodo per una ragazza che vive senza acqua corrente e senza un adeguato impianto idrico e fognario!

Che cosa hanno in comune tutti questi esempi? Che più la persona è povera e più vive in aree degradate e senza alcuna rete di sostegno (infrastrutturale, sociale, sanitaria etc…), più il costo delle mestruazioni sarà alto per lei, e anche le soluzioni che teoricamente sono pensate per aiutarla possono creare un’ulteriore discriminazione tra chi ha accesso a determinati fattori e chi no. Non ci basta la sfiga di essere donne, insomma: anche la nostra condizione sociale ed economica fa davvero la differenza.

Ma è un problema solo dei paesi a basso reddito? No, purtroppo no. Anche nei paesi ad alto reddito ci sono dei problemi e delle diseguaglianze. Pensiamo alle donne senza fissa dimora o alle detenute, che non hanno accesso a dispositivi mestruali a meno che: non possano permetterseli di propria tasca (difficile da pensare!) o non ci sia un’associazione di volontariato che pensi a rifornirle.

E per le donne, diciamo, “normali”? Gli assorbenti e i tamponi che costano meno sono prodotti con materiali di pessima qualità e spesso causano irritazioni a non finire, ma alcune donne che non posso utilizzare la coppetta saranno comunque costrette ad usarli. Mi viene da pensare a chi non può accedere ad un bagno pulito e confortevole per molte ore, o alle lavoratrici a cui le pause sono conteggiate con il cronometro. Il sanguinamento che segue al parto, poi, non può essere tamponato con una coppetta mestruale perchè l’utero deve tornare alle proprie dimensioni normali senza interferenze, ed ecco che torna il problema: una donna ricca si potrà permettere gli assorbenti 100% cotone, magari biodegradabili per fare un favore all’ambiente, ma quella povera no.
Anche le coppette, gli assorbenti lavabili e le mutande assorbenti sono un bell’investimento, e magari dovete pure cambiare qualche modello prima di approdare a quello giusto, e tutto ciò ha un costo. Si fa un favore all’ambiente, alla propria salute e sul lungo periodo anche al proprio portafoglio, ma non bisogna dimenticare il costo iniziale.

Ma quanto si spende quindi, davvero, per il ciclo? Se parliamo di costi, è impossibile non citare l’annoso problema dell’IVA, perchè in Italia (e così in molti altri paesi) questo tipo di dispositivi viene tassato con IVA ordinaria al 22%, mentre molti altri bene di uso comune hanno un’IVA inferiore.

Consiglio di lettura: Le mestruazioni esistono, fatevene una ragione

Fin qui mi sono limitata a citare i problemi che circondano le mestruazioni in quanto sanguinamento, quindi acqua, pulizia, costi, dispositivi. Ma se volessimo dare un’occhiata anche alle medicine che spesso servono per contrastare i dolori collegati al ciclo, la situazione sarebbe identica. Mal di pancia, crampi, mal di testa, mal di schiena sono tra i sintomi più comuni e spesso sono talmente invalidanti da richiedere l’assunzione massiccia di antidolorifici, pena non poter andare al lavoro o dedicarsi alle proprie occupazioni. Io per prima mi devo imbottire di farmaci per poter stare in piedi e “funzionare” durante le mestruazioni, e certo non posso dire al mio capo “ciao, non vengo al lavoro per 4 giorni al mese perchè ho i crampi”. Certo, soffrire così tanto durante le mestruazioni non è normale, come ci spiega l’ostetrica Violeta Benini, ma per molte donne è una realtà di fatto. I farmaci hanno un costo e delle conseguenze, come assuefazione ed effetti collaterali. E se soffri di endometriosi o di ovaio policistico, possono diventare una vera e propria malattia invalidante. Gli integratori? Una valida alternativa, peccato che in Italia non siano passabili dal Servizio Sanitario Nazionale. Bella sfiga!

Per chiudere questo post con un minimo di ottimismo (ti ho depressa abbastanza, dì la verità!), volevo consigliarti alcune semplici azioni che puoi attuare per fare qualcosa di positivo:

• condividi questo post per sensibilizzare, anzi, ancora meglio, condividilo il 28 maggio, Giornata internazionale per l’igiene mestruale, sponsorizzata dall’Unicef!
• leggi tutti i link di approfondimento che ho disseminato in questo post. Sì, ti sto dando i compiti a casa!
• porta sempre con te un assorbente e un antidolorifico, potresti salvare una ragazza in difficoltà
• se sei passata ad un’alternativa ecologica, non buttare i tuoi vecchi assorbenti o tamponi, donali ad una associazione che si occupi di donne (detenute, homeless, ragazze madri…), è quello che sto facendo io
• cerca di parlare di mestruazioni come se fosse un argomento come un altro nel tuo gruppo di amici, specie con i ragazzi
• se il tuo ambiente di lavoro te lo permette, proponi di installare un piccolo distributori di prodotti femminili, o in generale cerca di rendere il bagno più period-friendly possibile (bustine di sapone, assorbenti, tamponi, salviette usa e getta, cestino disponibile dentro il cubicolo etc…)
• dona ad una delle associazioni che si occupano di rendere il ciclo migliore per tutte le donne
• promuovi un’informazione consapevole sui farmaci e sugli eventuali integratori o rimedi naturali che li possono sostituire
• impara a cucire degli assorbenti lavabili, e pensa di poterli donare a qualche associazione di volontariato (ma informati prima se siano graditi!)

Hai altre idee? Sono tutta orecchi!

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