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Per una coppia, il percorso di PMA, ovvero Procreazione Medicalmente Assistita, è irto di ostacoli, situazioni imbarazzanti, cattiverie più o meno involontarie pronunciate da amici e sconosciuti. Una nostra lettrice fa il punto su come ci si sente a vivere nel mondo di mezzo tra le mamme “perfette” e chi i bambini non li ama affatto, dopo aver raccontato l’inizio del suo percorso di PMA in questo post.

Cosa passa per la testa di una donna di quarant’anni a cui è stata diagnosticata l’infertilità e che da diverso tempo sta seguendo un percorso di PMA (procreazione medicalmente assistita)? Ve lo siete mai chiesto? Probabilmente, se non avete questo problema, la risposta è no. E sicuramente è no anche per le testate giornalistiche e per la maggior parte dei blog che si occupano del tema “maternità”. Perché altrimenti non pubblicherebbero articoli inutilmente sgradevoli come quello in cui mi sono imbattuta per caso stamattina: I matrimoni senza figli sono i più felici, dice uno studio

Appena letto il titolo, dentro di me è subito scattato l’ennesimo – e silenziosissimo – “Vaffanculo”. 

Ebbene sì, la parola con la V. Voi non avete idea di quante volte una donna nella mia condizione, dentro di sé, pronunci la parola con la V. Dire “tante” non rende l’idea. Ce l’abbiamo spesso lì, sulla punta della lingua, in svariate, innumerevoli occasioni. Ma il più delle volte, poiché siamo comunque persone educate, non la pronunciamo. No. Davanti alle battute inopportune noi sorridiamo. “Affanculo”, le persone, ce le mandiamo solo mentalmente. 

E magari a quel paese, chissà, abbiamo mandato pure voi. Secondo l’Istituto superiore di sanità, l’infertilità è una condizione che colpisce infatti il 15 per cento delle coppie in Italia. Significa che, se ormai avete superato la soglia dei 35, probabilmente avete nella vostra cerchia di amici e parenti qualcuna (o qualcuno) di noi. Perché, non dimentichiamolo: l’infertilità è anche un problema maschile, solo che, chissà perché, gli uomini non sono quasi mai inclusi nel dibattito sociale.

E allora perché parlare solo di donne nell’articolo? Be’, perché è il mio campo. E poi perché, ammettiamolo: nei percorsi di procreazione assistita, quelle che devono fare quasi tutto il lavoro siamo proprio noi. 

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Donne e PMA: quando (non) pronunciamo la parola con la V

Per agevolarvi nella comprensione di quello che davvero passa per la testa di una donna a cui è stata diagnosticata l’infertilità e che sta seguendo col proprio compagno un percorso di PMA, ho deciso di redigere questa pratica guida al sapore di FAQ. 

Pensiamo “Vaffanculo” quando:

1. …Leggiamo articoli come quello linkato sopra

Cioè, basta. Avete notato come si giochi a polarizzare la società? Da una parte le supermamme pancine, che ovviamente fanno le casalinghe e hanno otto figli, sei gatti, due cani, cinque pappagalli (che la chiamano mamma) e un’iguana; dall’altra le donne in carriera, sempre eleganti, con le unghie e i capelli fatti, dodici tailleur nell’armadio, e un genuino schifo per i bebè, considerati alla stregua delle blatte. 

La società non è davvero questa. Ma la stampa, i blog e i social insistono su queste polarizzazioni perché vivono sui click e sulla rabbia della gente. Ovviamente, di noi non si ricorda mai nessuno. Nel dibattito sulla natalità, siamo quasi invisibili. Esistiamo solo in qualche statistica poco nota. Ci siamo pure un po’ rotte.

2. … Incontriamo (o leggiamo di) madri lamentose

La categoria delle madri lamentose per me è molto ampia. In primo luogo, include le madri che sistematicamente si lamentano dei propri bambini perché sono appiccicosi e li ignorano. Poi quelle che, per strada e davanti a tutti, urlano contro i figli perché camminano lentamente (grazie al cavolo, hanno le gambe corte, cosa pretendi?), o perché hanno sporcato la T-shirt, o perché si sono sbucciati un ginocchio. E ancora quelle che li umiliano, a parole o con le sberle, e poi dicono loro frasi del tipo “Ecco, guarda cosa mi hai fatto fare!”. Lì la parola con la V viene ripetuta interiormente più e più volte. 

Poi ci sono le madri che dicono di essere pentite di aver fatto figli, o di non sopportare più i propri bambini piccoli, o ancora di amare moltissimo i propri bambini ma allo stesso tempo di provare schifo per la maternità perché è una limitazione della loro libertà. Oppure che si lamentano con le amiche perché il loro marito/compagno non le aiuta mai, salvo poi rimproverarlo quando lo fa perché in fondo lo ritengono un incapace. A queste rivolgiamo non solo un grosso vaffa interiore, ma ci chiediamo perché siano diventate madri. Pressione sociale? Inconsapevolezza? Ordini del dottore? Non lo sappiamo. Fatto sta che queste madri non si rendono conto della fortuna che hanno avuto a fare uno, o due, o tre bambini al primo colpo. Non si rendono conto di quanto sia doloroso e frustrante non essere sane e ascoltarle mentre si lamentano.

Intendiamoci: con quel vaffa non vogliamo sparare a zero sulla sofferenza di altre donne. Perché evidentemente, una che fa così, in qualche modo soffre. Però – come spiegarvi? – è come se una soffrisse perché deve gestire un milione di euro e si lamentasse con la vicina di casa che è al verde. Per favore, capitelo da sole che non ha molto senso e che si tratta di una gigantesca mancanza di tatto.

3. …Incontriamo (o leggiamo di) madri che pontificano sull’infertilità non avendo la minima idea di che cosa sia o di cosa significhi dal punto di vista fisico e psicologico

Mi rendo conto che questo vaffa suoni un po’ come la sua controparte, ovvero il classico “tu non hai figli, non puoi capire”. Però, concedetecelo: è fastidioso. Cioè, da una parte abbiamo una madre saccente che cerca di spiegarci cosa sia l’infertilità con dati e numeri, sottolineando però che lei non può nemmeno immaginare cosa si provi perché è riuscita ad avere entrambi i figli al primo colpo. Dall’altra parte ci siamo noi che, ogni due-tre mesi, ci spariamo punture di ormoni nella pancia, affrontiamo litigate assurde e problemi di coppia, ci sentiamo fallite, pensiamo di aver deluso tutti, abbiamo paura di essere lasciate oppure meditiamo di lasciare il nostro compagno, visto che il problema è nostro e non suo e lo amiamo così tanto da pensare di lasciarlo andare, e oscilliamo regolarmente tra la speranza e la prospettiva di diventare mamma e il voler dare un colpo di spugna a tutto quanto. 

Anche in questo caso, per favore, capitelo che il vaffanculo parte in automatica anche se non vi vogliamo male.

4. …Le persone pensano di aver capito tutto di noi e fanno “le simpatiche”

Proprio per gli stereotipi introiettati e la polarizzazione di cui scrivevo qualche riga fa, molte persone, quando incontrano una donna di una certa età senza figli, immaginano a priori che non ne voglia, non che non possa averne. Quindi fanno battute inopportune, pensando di essere molto simpatiche e moderne, di fare la parte di quelle “Ehi, se non vuoi figli, a me sta bene, ti supporto, amica!”. Eh, non so come dirvelo. Peggiorate la situazione. A me una volta è capitato che una collega solitamente carina e gentile, ma che mi conosceva molto poco, mi dicesse: “Ma sai che sei proprio come Mary Poppins? Però childfree!”. Una battuta con un effetto peggiore degli spilli nel cuore.

5. …Parliamo con (o leggiamo di) donne rimaste incinte “per sbaglio”

Nel 2021, una donna di oltre 30 anni che rimane incinta “per sbaglio” non dovrebbe esistere, a meno che non si buchi il preservativo durante il rapporto (cosa ormai rara). Alcune di queste donne hanno tra l’altro stili di vita assurdi, bevono come spugne, fumano come turche e mangiano schifezze… Cosa che in linea di massima va bene, niente da dire, ognuna può fare il cavolo che le pare. Però capite anche voi che, noi che ormai mangiamo tutto bio, locale e di stagione non solo per motivi ambientali ma anche legati alla salute delle nostre ovaie, limitiamo il caffè, bilanciamo attentamente le proteine e i carboidrati (rigorosamente integrali) nel piatto perché sennò chissà che effetto fanno sulla fertilità, quando sentiamo queste notizie il vaffa è proprio d’obbligo. Se poi le donne che rimangono incinte “per sbaglio” decidono pure di abortire (intendiamoci: loro sacrosanto diritto) e raccontano la loro esperienza su lunghi blog-post pubblicati poi su Facebook, facendo sapere all’universo mondo quanto schifo provino per i bambini, l’insulto con la V raddoppia. 

6. …Quando sentiamo dell’ennesima conoscente incinta

Ho scritto conoscente e non amica, perché di solito per le amiche siamo felici. Le amiche sono sacre e se sono felici loro, lo siamo anche noi. Ma per le conoscenti no. Per le amiche di amici no. Per le sorelle delle amiche di amici no. Per le colleghe (se non sono anche amiche) no. Poi per le fidanzate degli ex, assolutamente no. Quelle, quando rimangono incinte, si meritano due o tre vaffa mentali galattici. Almeno per i primi cinque minuti.

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7. …Quando l’ennesima/o amica/o di amici se ne esce con battute sgradevoli

“Adesso tocca a voi fare un figlio!” (Ma dai? Non ci pensavo proprio)

“Ma cos’è, non ne volete?” (Sant’Iddio, chiudi quel forno)

“Ah, io non so come facciano quelle che provano ad avere figli dopo i 35! Ma non lo sanno che non si può?” (Ho 40 anni compiuti e non immagini quanti vaffa ti sto mandando in questo momento!)

“Beata te che puoi fare quello che vuoi! Goditela, visto che puoi uscire, viaggiare… io sono sempre bloccata a casa col piccolo!” (Oh, cara. Se sapessi quanto è mal riposta la tua invidia malcelata!)

“La PMA è antiecologica e immorale! Sul pianeta siamo già quasi 8 miliardi!” (Punto uno: prima di giudicare, dovresti affrontare i problemi di salute che ho affrontato io. Punto due: perché a un figlio devo rinunciare io, che lo voglio davvero e che ho un compagno che non aspetta altro che diventare padre, mentre donne che trattano sistematicamente male i figli, si lamentano e hanno compagni stronzi, o inaffidabili, o peggio violenti, possono riprodursi senza alcun limite biologico? Quello invece ti pare morale?)

8. …Il sistema sanitario ci osteggia

Punto primo: per accedere al percorso, entrambi i partner devono eseguire una serie di esami entro una data prestabilita. Solo che, a volte, anche prenotando subito col SSN, la prima data utile risulta essere due o tre mesi dopo il momento in cui dovremmo consegnare il plico di esami. Quindi, primo vaffa, perché evidentemente tocca fare una parte degli esami necessari privatamente. Ma noi ci incolliamo in faccia il nostro migliore sorriso di marmo, e andiamo avanti.

Punto secondo: anche quando riusciamo a eseguire tutti gli esami, talvolta uno dei laboratori decide di perdere tutte le provette, perciò rischiamo comunque di non ottenere i referti in tempo utile. Quindi dobbiamo recarci nuovamente al laboratorio, trovare sinonimi educatissimi alla parola con la V e spiegare che quegli esami ci servono prima di subito perché per noi è una questione di vita o di morte.

Punto terzo: una volta iniziato il protocollo, che consiste da un lato in punture di ormoni e nell’assunzione di acido folico ed eventualmente altri medicinali specifici, dall’altro in monitoraggi ogni 2 giorni, i medici tendono a non eccedere nelle prescrizioni. Ovvero: contano le dosi di ormoni da un monitoraggio all’altro. Comprensibile, perché in questo modo si limitano gli sprechi. Però significa anche dover passare in farmacia ogni due giorni e ordinare le dosi di ormoni dalla mattina per la sera. Questo non sarebbe un problema se non fosse che i medicinali per la PMA, che sono per la maggior parte passati dalla mutua, hanno bisogno di un doppio passaggio con le ASL. Questo vuol dire che ci vuole più tempo per far arrivare il farmaco. In concreto: se abbiamo il monitoraggio la mattina e la ginecologa ci prescrive la puntura di ormoni per la sera, ma abbiamo finito la scatola, la prima cosa che dobbiamo fare è tener d’occhio l’orologio e pregare di aver finito la visita prima delle 10.00, in modo da poter telefonare immediatamente alla farmacia, comunicare i dati sulla ricetta e avere così la certezza di poter far arrivare il farmaco con la consegna serale. Altrimenti, dobbiamo iniziare a pregare.

Punto quarto: gli sprechi. Alcune confezioni di ormoni, che bastano per 4-6 giorni, contano 18 (diciotto) siringhe. Altre, come le penne pre-riempite, una ventina di aghi. Altri ormoni ancora sono venduti in pacchi da 7 siringhe pre-riempite. E se devo usarne solo due o tre? O mezza? Si tratta di prodotti farmaceutici, oppure di materiale a uso medico in plastica, sigillato, che resta inutilizzato alla fine della terapia e che non può essere riconsegnato alla farmacia.

Un vaffa alle logiche contorte del sistema sanitario, non lo vogliamo rivolgere?

9. …Dobbiamo per forza rendere conto ai colleghi delle nostre assenze e dei nostri spostamenti

Ci sono donne che amano raccontare a tutti i fatti propri. Non hanno problemi, e se loro sono contente, va bene così. Ma ci sono donne che invece non amano far sapere ai colleghi che hanno un problema o che stanno seguendo un percorso di PMA. Non che si vergognino. Il fatto è che si tratta di un percorso così difficile, delicato e doloroso, che parlarne con chiunque non fa che acuire il dolore. Non è un argomento di conversazione. Non è gossip. È la nostra fottuta vita. Ecco perché, alcune di noi stanno malissimo al pensiero di dover raccontare ai propri diretti responsabili che non potranno recarsi al lavoro per alcuni giorni e il motivo, che non potranno fare trasferte e che dovranno essere sostituite, con un impatto negativo anche sul lavoro degli altri colleghi. Alcune di noi si sentono frustrate, umiliate, in colpa per la propria inefficienza e per la propria assenza. Nonostante le due settimane di malattia dopo il tranfer siano un diritto sancito dalla legge. 

In questi casi, dedichiamo la parola con la V alla situazione. 

Ma allora siamo arrabbiate col mondo?

Penserete che siamo persone “arrabbiate col mondo”. Ma non è così. La parola con la V è una specie di riflesso incondizionato. Viene prodotta automaticamente dal nostro cervello, ma non significa che “vi odiamo”, o che resteremo col muso per l’intera giornata. Avete presente i cani del film Up quando vedono uno scoiattolo? Ecco. Però non siamo cattive, dopo un po’ ci passa. Voi però pensateci, la prossima volta, prima di dire una cattiveria a una donna senza figli, ok?

Firmato: una lettrice

Foto di Liza Summer da Pexels.