Film d’animazione per bambini o per grandi?
Nell’immaginario italiano, dire “film d’animazione” fa sempre un po’ storcere il naso. Per noi vuol dire film per bambini, diciamocelo. Non così in tutte le culture: il Giappone per esempio è famoso per i suoi anime, che sono a tutti gli effetti una forma d’arte dedicata ai piccoli come agli adulti, anzi, la categoria stessa si suddivide poi in sotto-sezioni per ogni età e preferenza.
Il gusto del Sol Levante, devo ammetterlo, sta incominciando a prendere piede anche nel mondo occidentale: il colosso Disney-Pixar targettizza molto bene i suoi film, alcuni sono dedicati esplicitamente ai più piccini, ma molti dei titoli più famosi degli ultimi anni offrono diversi livelli di lettura (e godimento estetico) che li rendono accessibili anche agli adulti. Sì, anche agli adulti senza prole! Non a caso, in una sala gremita di genitori e bambini, io sono stata sicuramente quella che ha riso di più guardand Zootropolis…
Dopo questa sviolinata, posso quindi fare outing: io adoro i film per bambini, o cosiddetti tali. Visto che l’universo dell’animazione per i più piccoli (ma anche per noi grandi) non finisce con lo studio Ghibli o la Pixar, vi voglio guidare in un breve viaggio alla scoperta dei film di animazione più underground che mi è capitato di vedere.
Una chicca: The Secret of Kells
Iniziamo dal bellissimo The secret of Kells (2009), animato dagli studi Cartoon Saloon sotto una produzione franco-belga-irlandese. Se vi piace l’Irlanda, il folklore celtico e il Medioevo dovete assolutamente guardarlo e cercherò di spiegarvi perché.
“I have lived through many ages, through the eyes of salmon, deer, and wolf. I have seen the Northmen invading Ireland, destroying all in search of gold. I’ve seen suffering in the darkness. Yet I have seen beauty thrive in the most fragile of places. I have seen the book. The book that turned darkness into light.”
La trama è semplice: nell’Irlanda medievale vessata dai continui e violenti attacchi di Vichinghi, la piccola comunità di monaci del Monastero di Kells è impegnata a costruire un enorme muraglia per proteggersi dalle razzie. I monaci, grassocci e ridanciani come ci si aspetta, un tempo erano felici amanuensi dediti ad omaggiare il Signore con le loro bellissime opere, ma ora sono diventati operai edili o poco più. Il tutto sotto la direzione del severo Abate Cellach, divenuto oramai ossessionato dalla costruzione di questa imponente opera.
Lo scriptorium esercita ancora, però, un discreto fascino sul nipote dell’Abate, il piccolo Brendan, che male accetta il nuovo regime che vige nel monastero. Ma ad un tratto nella piccola comunità arriva Fratello Aidan, un vecchissimo monaco scampato dall’ondata di distruzione che i Vichinghi hanno riversato su Iona, il suo monastero di origine in Scozia. Con sé egli reca il famoso Libro di Iona, un manoscritto splendidamente miniato e illustrato fin nei minimi particolari.
Brendan decide che deve assolutamente aiutare Fratello Aidan a completare il suo lavoro, una risoluzione che per una serie di vicissitudini lo porterà ad incontrare Aisling, la fata guardiana dei boschi intorno a Kells, e a combattere il temibile Crom Cruach, una divinità ctonia portatrice di distruzione, che risiede nelle viscere della terra, nella profondità della foresta.
C’è un po’ di tutto in questo piccolo gioiellino.
C’è la paura per gli attacchi dei Vichinghi, con una rappresentazione grafica essenziale, eppure così straziante, della guerra. C’è la lotta tra un cristianesimo che si sta ancora affermando e che deve dialogare con le divinità del folklore gaelico, come fa Brendan con Aisling (a proposito, l’aisling è nella poesia irlandese il racconto di un incontro con una donna omonima, di razza sovrannaturale, che vaticina il futuro al poeta).
C’è la lotta contro il Male, sia esso la rigidità di una ortodossia lontana dai principi di amore e carità, sia il mostro che vive negli abissi, un mostro poco realistico e molto psicologico, tanto che è impossibile non pensare alla chiara metafora psicanalitica quando vediamo Brendan che si avventura nel bosco. C’è questa foresta, sede di una natura non controllata dall’uomo, a volte benigna e a volte maligna. C’è una domanda di fondo, per niente banale o infantile: che cosa ci salva dalla distruzione e dalla guerra, un muro la cui costruzione sembra infinita o quello che è racchiuso in un libro?
Una favola, nei contenuti e nello stile
Questo Nome della Rosa formato piccini è una favola bellissima anche per i grandi. Ma se non vi ho convinto raccontandovi la trama, sono sicura di farcela parlandovi dello stile.
The secret of Kells vive del suo stile come l’omonimo manoscritto (a proposito! Il Libro di Kells esiste veramente e la sua storia ricalca molto da vicino quella del film), si illumina di dettagli sapientemente disegnati e disseminati qua e là. Gli sfondi dal sapore klimtiano, spesso acquarellati, fanno da protagonisti in molte scene, si prendono tutto lo spazio, come la lettera capitale fa nella pagina del manoscritto.
Ne rimane una stupenda favola dal gusto gaelico, che vi parla di foreste profonde, valli verdi, spiriti che abitano in questi luoghi e che vivono a stretto contatto con l’essere umano. Vi parla soprattutto della meraviglia del creare e dell’immortalità di un’opera artistica (non a caso il Libro di Kells è tutt’ora custodito al Trinity College di Dublino, dov’è visitabile). E del coraggio di affrontare qualsiasi tipo di mostri – ricordandosi sempre di serbare la giusta meraviglia per le cose del mondo.
“The book was never meant to be hidden away behind the walls, locked away from the world which inspired its creation… Brendan, you must take the book to the people, so that they may have hope.”
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Il cibo e D&D
Ricercatrice universitaria, quindi la sua vita è fatta di ansia, procrastinazione e studi di genere.
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Odia: le brioche con poco ripieno, il lunedì mattina e il piumone freddo d’inverno.