Ammetto che l’hype era tanto. La trama, per il poco visto nel trailer, mi intrigava: Wonder Woman alla scoperta della civiltà umana e come sfondo la seconda guerra mondiale. Quel tocco di vintage alla Capitan America The First Avengers che tanto mi era piaciuto. In più l’assaggio che ci avevano proposto di Diana in Batman Vs Superman non era per niente male. Quindi sì, sono andata a vedere WW con grandi (vabbè è sempre DC quindi grandi no) aspettative. E diciamo che in buona parte mi è piaciuto. Ma non del tutto.

Partiamo dai pro: Gal, lei mi piace un sacco, è brava e simpatica, ha una bellezza antica, non troppo costruita e artefatta. E sta da dio con il look vintage. Che si può volere di più? Beh, un co-protagonista come Chris Pine ecco che si può volere di più! Chris Pine che è un quasi degno sostituto del capitano Kirk originale, e dico quasi perché William Shanter non lo batte nessuno. Steve (Chris) è un buon co-protagonista, furbo e preparato, una ottima spalla/romance per la protagonista, che se i sessi fossero stati invertiti avremmo gridato al miracolo femminista.

Gal Gadot e Chris Pine in una scena del film; credits uhdforge.com

La storia ha delle parti molto ironiche e divertenti, sopratutto quando Diana scopre il mondo degli umani e lo affronta con un fare simile a Thor nel suo primo film, con candore che magistralmente non è stato spinto fino alla stupidità. I combattimenti al fronte sono discreti, pochi ma buoni, con una certa dose di epicitá. Ma ci sono anche dei contro, e tanti. Principalmente nella prima e nell’ultima parte del film, dove non sono riusciti a gestire né le Amazzoni e le loro strambe evoluzioni alla “voglio essere Legolas ma non posso”, né lo scontro finale con un super cattivo un po’ troppo insipido e un po’ tanto noioso.

La mia recensione

Date le mie aspettative sono in media rimasta soddisfatta in quanto quello che mi interessava veramente nel film, ossia l’ambientazione retró e di per sé il personaggio, sono stati ben orchestrati. Perchè sono anni che aspetto un film sulla Vedova Nera che non arriverà mai e un film monografico su un supereroe donna lo volevamo, per far capire che anche noi donne siamo appassionate di questo genere, e siamo stufe di avere quei due o tre personaggi validi femminili su cui contare. Non vogliamo più essere la spalla di nessuno, ma le protagoniste. In generale il film di WW non è espressamente femminista, e pecca di qualche ingenuità che ho notato anche io, ma trovo che sia estremamente positivo anche solo un piccolo passo verso una prospettiva al femminile ben realizzata senza ridurre la protagonista ad una macchietta iper sessualizzata .

credits: uhdforge.com

Che poi il fumetto originale sia ben più icona femminista è tutt’altra cosa, e sicuramente si poteva fare di meglio, ma ho apprezzato lo sforzo. Come quando Diana si chiede come mai una donna non possa parlare in Parlamento o debba indossare vestiti per comprimere la pancia, piccoli segnali, forse per alcuni troppo pochi, che hanno strizzato l’occhio al femminismo senza renderlo ridondante. Perché comunque parliamo sempre di un film di supereroi e mi aspetto che le argomentazioni siano altre e la cosa migliore a parer mio è dare per scontato che un supereroe donna sia più forte del suo compagno e che sia lei a dover salvare il mondo.

Insomma, WW sarebbe un film normale in un mondo normale – cioè non sessista come il nostro – ma visto che invece siamo nel 2017 e siamo ancora immersi nel maschilismo fino al collo, per un film del genere tutti gridano al miracolo femminista.

 

La storia dell’origine di Wonder Woman

L’immagine di Wonder Woman negli anni, credits: www.dccomics.com

Ma facciamo un passo indietro. Wonder Woman ha una genesi complicata: ideata da William Marston nel 1941, a quei tempi fu una piccola rivoluzione. Marston stesso era un tipo piuttosto eccentrico: viveva con due donne in un rapporto apparentemente poliamoroso, era un sostenitore dei diritti civili delle donne e dichiaratamente femminista, ma anche amante del bondage e del bdsm.

WW ha perciò alcune caratteristiche che la fanno differenziare da altri supereroi: non solo è donna, non solo ha i superpoteri, ma è anche estremamente buona e compassionevole, per non citare le sue numerose liason amorose e sessuali (nei fumetti) e il suo essere bisessuale. Il materiale da cui partire era tanto, un personaggio sì estremamente positivo ma anche molto sfaccettato e con una lunga storia che dal ‘41 ad oggi ha posto WW sia come icona femminista che pop, e la DC si è trovata a dover compiere delle scelte che – ragionevolmente – sono sia etiche che di marketing.

Il dibattito: femminista o no?

Esiste una sceneggiatura fallita scritta da Joss Whedon nel 2006, pochi la conoscono ma ha sollevato un piccolo polverone quando è stata pubblicata senza consenso su Twitter ad inizio giugno 2016. Sì, Joss Whedon, quello di Buffy e degli Avengers – magari non sembra il regista più femminista del mondo ma neanche tanto male no? E invece lo script ha acceso gli animi, perché tutta la storia ruota intorno alla violenza subita da Diana, che si ritrova incatenata e privata dei propri poteri e per di più tutta la sceneggiatura si concentra solo sul far vedere quanto sia sexy e provocante. Quindi, ce la siamo scampata bella? Probabilmente sì.

La nuova produzione DC, sceneggiata da uomini ma diretta da una donna, ha sicuramente un altro taglio. Diana non è sexy, non è vista e descritta da uno sguardo maschile e questo si nota. È forte, volitiva e determinata perché una donna che racconta di un’eroina la vede così.

Nonostante sia Patty Jenkins, la registra, che Gal Gadot, WW in persona, si stiano sperticando a dire quanto sia un film femminista, la pellicola ha diviso il mondo femminile. Per qualcuno è effettivamente un grande passo avanti per cui festeggiare, mentre per altri è la solita visione stereotipata dell’eroina tutta buona senza difetti che si sacrifica per amore.
Noi di S&P ci situiamo nel mezzo, come avrete già intuito: è sicuramente una bella cosa un film monografico su un’eroina, non è un film femminista nei contenuti, e a livello puramente cinematografico non brilla di qualità eccelsa (i buchi nella trama ci sono, e tanti). Guardandolo si percepisce comunque l’eroismo che contraddistingue Diana che ha poco a che fare con l’amore inteso in senso romantico, bensì l’amore inteso come empatia e compassione verso il genere umano che lei – in quanto supereroina – si sente in dovere di difendere.

Cosa auspicarsi quindi? Che il successo al botteghino gridi forte e chiaro che oramai le supereroine attirano tanto gli uomini quanto le donne, che non sono un flop a prescindere e che anzi, forse è ora di iniziare ad investirci seriamente!

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