“Ho passato la vita imparando a sentire di meno. Sento di meno ogni giorno. È la vecchiaia? O qualcosa di peggio? Non ci si può difendere dalla tristezza senza difendersi dalla felicità.”
Ammetto che è stato difficile leggere “Molto forte, incredibilmente vicino”, dello scrittore statunitense Jonathan Safran Foer, e lo è ora farne la recensione. Leggerlo perché si è rivelato una lettura molto triste e io ho avuto la sventurata idea di farlo nel bel mezzo della mia SPM (sindrome pre mestruale, di cui ti parliamo qui), di quelle particolarmente pesanti tra l’altro. Per cui vi avviso: “Molto forte, incredibilmente vicino” non è un libro “da ombrellone”, non è una lettura leggera – anche se alcune recensioni mi avevano portato a pensare che lo fosse. È un libro denso di emozioni, più che di avvenimenti, ma queste emozioni sono così malinconiche e tragiche che se avete voglia solo di svagarvi vi consiglio di lasciarlo sullo scaffale.
Un po’ di contesto per “Molto forte, incredibilmente vicino”
Jonathan Safran Foer ci conduce infatti in un’ambientazione scomoda: la casa di Oskar Schell, un dodicenne di New York il cui padre è morto nell’attentato alle Torri Gemelle, circa un anno prima rispetto al momento in cui la trama ha inizio. Vive insieme alla madre Linda – che cerca come può di ricostruirsi una vita dopo la morte del marito e di cui deve colmare il ruolo di padre perfetto, spesso non riuscendoci. Perché a quanto emerge dai ricordi di tutti i personaggi, il Sig. Thomas Schell era davvero una persona eccezionale: dolce, gentile, disponibile con tutti, un vero mentore per il piccolo Oskar, ragazzino dall’intelligenza vivace che il padre amava stimolare con storie assurde e invenzioni stravaganti.
La sua assenza è il centro attorno al quale ruota tutto , ma la lista di personaggi non è finita: di fronte all’appartamento di Oskar e di sua madre abita infatti la nonna paterna, emigrata circa sessant’anni prima dalla Germania distrutta dalla seconda guerra mondiale, che con la sua tenerezza un po’ svagata si prende anche lei cura del ragazzino.
Un po’ di trama
L’evento che dà avvio alla trama è il ritrovamento, da parte di Oskar, di una misteriosa chiave con annesso un altrettanto misterioso bigliettino nello studio del padre deceduto. La fervida immaginazione di Oskar non si rassegna: che cosa aprirà la strana chiave? Che cosa significa la parola “black” scritta sopra al biglietto? È forse l’ultimo indovinello di suo padre, l’ultima caccia al tesoro che possono condividere insieme? Pieno di trepidazione Oskar si mette alla ricerca, deciso a tutti i costi a venire a capo del grattacapo. A fargli compagnia nel suo viaggio, da un angolo all’altro di New York, incontrerà una sfilza di personaggi strampalati e ognuno porterà in dono ad Oskar la sua storia, spesso triste, nostalgica, amara, assurda, kafkiana… insomma, il suo piccolo pezzettino di vita, che il ragazzino colleziona come fa con tutti i fatti curiosi che scopre.
La trama di “Molto forte, incredibilmente vicino” tuttavia non è finita qui. Mentre Oskar prosegue nella sua ricerca, un’altra storia si svolge parallela e fa da contrappunto: la relazione fra la nonna paterna e suo marito, cioè il nonno mai conosciuto da Oskar. È una storia che si svolge in parte oltreoceano, nella cittadina tedesca di Dresda di cui entrambi sono originari, e in parte a New York, dove si sono sposati. Due persone che sono state insieme, hanno generato un figlio ma non hanno mai potuto essere un “noi”, una coppia: la ferita portata dalla guerra li aveva già separati, ancora prima che si sposassero, e li ha destinati ad una vita fatta da due solitudini intrecciate amaramente. All’inizio ho detto che è difficile scrivere questa recensione: non solo per le perplessità che ho, ma perché non posso fare a meno di pensare ai familiari delle vittime degli ultimi attentati che si sono susseguiti in tutto il mondo. Ecco, questa è anche la loro storia: di chi non viene ricordato perché non è “vittima”, ma che è costretto a convivere con un dolore che non sa spiegare, un dolore scomodo che si vorrebbe nascondere in cantina perché tutti si aspettano che prima o poi tu “vada avanti”, anche se non ce la fai.
Credo che oramai avrete tutti capito il parallelismo tra la guerra che ha distrutto Dresda (vi ricordate il famoso bombardamento che ha raso al suolo la città? Ecco, è uno degli eventi fondamentali del libro) e l’attentato dell’11 settembre alle Torri Gemelle. Non è un libro sulla guerra, tuttavia. Penso sia un libro sulle occasioni che la guerra distrugge, sulla vita menomata di chi sopravvive. È un libro sugli handicap, sicuramente. Sulle debolezze, sulle mancanze, sul dolore umano che non si capacita dopo una tragedia e cerca disperatamente di trovarne il senso.
“E ridemmo, ridemmo insieme e da soli, a squarciagola e in silenzio, eravamo decisi a ignorare qualunque cosa andasse ignorata, decisi a costruire un nuovo mondo dal nulla, se nulla si poteva salvare nel nostro mondo, fu uno dei giorni più belli della mia vita, un giorno in cui vissi la mia vita e non pensai affatto alla mia vita.”
La mia opinione
Per ora ho cercato di essere imparziale e dare qualche spunto sulla trama e sull’atmosfera di cui è intriso “Molto forte, incredibilmente vicino”. Ma la mia opinione in merito qual è? Non posso dire che il romanzo mi sia dispiaciuto, questo no. Ho però delle critiche, la prima riguarda il personaggio di Oskar. Non so se fosse nelle intenzioni dell’autore, ma il ragazzino si comporta come se fosse autistico in molte occasioni, mentre in altre ha un modo di parlare totalmente irreale – ricordo che il romanzo è narrato in prima persona quindi l’effetto è ancora più straniante… Quanti ragazzini di dodici anni conoscete che dicono “raison d’etre”? Ecco, su. Avete colto il punto.
La seconda critica è che Foer è un po’ il Baricco d’oltreoceano. E con tutto che Baricco a me piace, ecco, lo ammetto pubblicamente. Ma sembra che abbia scritto avendo accanto alla scrivania due grossi pulsanti, uno con la scritta “PIANGI” e l’altro con su “COSE BUFFE E SURREALI” e li premesse più o meno a caso durante tutta la trama. Momento drammatico? Spingiamo il bottone piangi a più non posso. Momento malinconico? Pigiamoli tutti e due insieme per dare quel tocco un po’ naif un po’ esistenzialista. Da lettrice questa cosa mi ha infastidita perché più che suscitare emozioni il libro a volte te le sbatte in faccia e tu non sai bene se scansarti o prenderle in pieno.
In definitiva? “Molto forte, incredibilmente vicino” mi è piaciuto con dei però. Se mi capiterà leggerò altro di Foer e se avete voglia di una storia lenta e con quel mix agrodolce di tenerezza e drammaticità ve la consiglio, inoltre le parti su Dresda spiccano di una buona spanna sul resto del romanzo. Se invece come me amate romanzi un pochino più strutturati, non posso che consigliarvi i miei preferiti.
Voi l’avete letto? Cosa ne pensate? Avete letto altro di Foer da (s)consigliarmi? Let me know!
Giulia
PS: mi informano dalla regia che se non avete voglia di fare i compiti a casa e leggere il libro, esiste anche l’adattamento cinematografico. Ma la maestra lo verrà a sapere comunque.
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Ricercatrice universitaria, quindi la sua vita è fatta di ansia, procrastinazione e studi di genere.
Ama: impegnarsi in qualcosa, la musica indie italiana, fingere di essere un gatto e il caramello salato.
Odia: le brioche con poco ripieno, il lunedì mattina e il piumone freddo d’inverno.
anche io l’ho trovato un libro molto intenso, con dei però… bello ma non indimenticabile!
mi hanno detto che anche il film è molto bello
Esatto, “bello ma non indimenticabile” è la definizione giusta! Anche io sono curiosa di vedere il film (cosa che non ho ancora fatto), alcune scene sono molto oniriche e “visive” e vorrei sapere come le hanno rese 🙂