Questa recensione contiene Spoiler!


Credo che il mondo femminile si divida fondamentalmente in due parti:

Le fan di Orgoglio&Pregiudizio e le fan di Cime tempestose. Difficilmente chi ama l’ironia pungente e le atmosfere edulcorate del primo riesce ad apprezzare la drammaticità e le cupe situazioni dell’altro e viceversa. Almeno, per ora non mi è capitato di incontrarne… Pur essendo due romanzi d’amore famosi, bellissimi e molto vicini per epoca e zona geografica… Sembrano completamente opposti.
Nel mezzo, in una specie di limbo, mi sembra si trovi Jane Eyre. Meno cupa e drammatica della sorella, rimane comunque ben lontana dall’ironia e dalla leggerezza che contraddistingue Orgoglio&Pregiudizio.

Personalmente Amo alla follia O&P (P&P per i puristi) e lo rileggo quasi una o due volte l’anno, ho letto a sforzo Cime tempestose, portandomi dietro un’angosciosa sensazione fino al termine di quella storia… Mentre ho letto due o tre volte Jane Eyre, godendomi pure il film. E però. Però un po’ la cara Jane mi sta antipatica. Mai quanto il malefico Rochester, ovviamente, che non avrebbe esitato ad approfittarsi di una giovane ingenua omettendo candidamente di avere una moglie in soffitta.Però come dicevo, anche lei ci mette del suo. Rabbiosa, triste, grigia nel suo essere e pronta a piangersi addosso alla prima occasione disponibile. Una vera eroina tragica (non che non ne abbia motivo, ma tutta un’altra pasta rispetto alla brillante Lizzie Bennett di O&P) Il che spesso mi ha portato a chiedermi che razza di infanzia abbiano avuto le sorelle Bronte per generare simili storie pur essendo le figlie di un pastore…

Comunque, che c’entra direte voi? Non stavamo parlando di una bambinaia, e per giunta francese?

Sì, esatto.

La bambinaia francese, storia per bambini scritta dalla bravissima Bianca Pitzorno, in realtà è strettamente collegata a Jane Eyre. Bianca Pitzorno prende alcune frasi di Rochester, mentre parla a Jane della sua pupilla, a cui la giovane dovrà fare da istitutrice

“L’ho salvata dal fango di Parigi. Sua madre non se ne è voluta più occupare e pur non essendo certo che sia figlia mia, mi sono sentito in dovere di prendermene cura” (liberamente riassunto da me).

Ora, da un uomo che tiene la moglie chiusa in soffitta e cerca di circuire una povera giovane istitutrice senza protezione, né dote, né mezzi o (apparentemente) parenti, per farsi sposare… E’ lecito anche aspettarsi che non sia proprio tutto limpido ciò che dice.
E da qui prende spunto il bellissimo romanzo de “La bambinaia francese” Partendo dalla nascita della bambina, Adèle, in Francia, figlia di Rochester e di sua moglie, Cèline Varens, etoile del balletto di Parigi.

Rochester che fa il figo con l’ingenua Jane

Tutta la vicenda è narrata dal punto di vista di Sophie, una ragazzina “protetta” dalla ballerina Cèline, che la salva da una vita di stenti per la strada e le dona un’istruzione sotto la guida illuminata del suo padrino, un anziano nobile dalle idee republicane. Il tutto di nascosto dall’irascibile marito Edouard (N.d.r. Rochester), che spesso si reca ai suoi possedimenti in Inghilterra senza scrivere, né dare notizie, né avvisare quando tornerà. Si scopre poi che l’inglese ha solo finto di sposare Cèline, pagando un falso notaio per convincere la ballerina a concederglisi e a vivere con lui, giacché lei pur essendone innamorata, si rifiutava di divenire la sua amante. Qui dopo la rovinosa caduta sociale e di salute di Cèline a causa degli eredi diretti del suo padrino che vogliono intascare anche l’eredità che spetterebbe alla giovane madre e ballerina come figlioccia, inizia ad intrecciarsi la storia di Sophie con quella di Jane Eyre. La ragazza si finge una bambinaia rozza e ignorante pur di attraversare la manica con la piccola Adèle e farle compagnia mentre Jane Eyre, istitutrice, sospira e si illanguidisce per il tenebroso Rochester. Nel mentre, amici comuni le scriveranno dalla Francia, aggiornandola sui progressi di salute di Cèline e sulla ricerca disperata del vero testamento, che permetterebbe loro di tornare alla vita di prima, senza però la scomoda ombra di “Monsieur Edouard”

La trama è ben congegnata, studiata nel dettaglio storico e nel rispetto del romanzo di Charlotte Bronte. Ogni aspetto della vicenda viene visto allo specchio dello sguardo di Sophie, che scorge i segni dell’innamoramento di Jane prima ancora che essa stessa se ne accorga, il tutto condito dalla continua storia parallela alla ricerca disperata del testamento, ad opera di alcuni dei personaggi di spicco della prima parte della storia, come Toussaint, il servetto di colore proveniente dalle colonie che non è più schiavo ma di cui non si trova il documento di affrancamento, Olympe, allieva della scuola del padrino di Cèline, che non esita ad attraversare la manica e a travestirsi da ragazzo per riportare Adèle a sua madre e Sophie dai suoi amici…

Niente è lasciato al caso e la storia è scritta così bene, risulta così affascinante che sono corsa a rileggermi Jane Eyre, gustandomi ogni scena in cui l’istitutrice tenta di fare conversazione con quella “bambinaia francese che chissà perché non vuole darle confidenza”, o di tutti quegli eventi riguardanti la misteriosa presenza nella soffitta, che fino all’ultimo non appare in nessuno dei due romanzi, sebbene la piccola Adèle dicesse di avere un’amica lassù…

Insomma, se siete fan dei romanzi storici, se avete letto Jane Eyre e lo avete apprezzato pur pensando come me che la protagonista fosse un po’ troppo lagnosa… Potrebbe divertirvi il punto di vista ironico e un po’ arrabbiato della giovane Sophie, insieme alla ricchezza di dettagli sulla vita della Parigi dell’epoca, così colorata e diversa da quella dell’umida e grigia Inghilterra.

 

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