
Torna la primavera con il suo carico di giornate che si allungano poco alla volta, allergie che si intensificano sotto una pioggia di polline, e nuovi articoli ed un nuovo calendario per Skincare&Psicofarmaci.
Bentrovati, innanzitutto, a voi che siete rimasti su questi schermi e ai nuovi arrivati.
Apro (editorialmente) il 2025 chiudendo (metaforicamente) il mio 2024: che mi ha vista sommersa da una serie di progetti all’uncinetto completati con una certa urgenza, compresa una copertina a punto conchiglia che mi è costata due diottrie e mezzo, una consistente fetta della mia salute mentale ed approssimativamente un milione di euro in lana merino, e che ha comportato la necessità di trovare qualcosa da vedere per distrarmi mentre mi facevo strada a colpi di catenelle.
Ho deciso pertanto di cogliere l’occasione per condividere con voi una breve e personalissima lista dei miei film di fantascienza preferiti – dove la fantascienza è (solo) il pretesto.
Prima di partire, e poiché sulla definizione di fantascienza si sono impiccati autori e critici alla dozzina, cito una definizione attribuita a Robert A.Heinlein (La luna è una severa maestra, Fanteria dello spazio, La via della gloria):
[…] Realistic speculation about possible future events, based solidly on adequate knowledge of the real world, past and present, and on a thorough understanding of the nature and significance of the scientific method. To make this definition cover all science fiction (instead of ‘almost all’) it is necessary only to strike out the word ‘future’.
[…] Speculazione realistica a proposito di possibili eventi futuri che abbia una solida base di adeguata conoscenza del mondo reale, passato e presente, ed una comprensione costruttiva della natura e dell’importanza del metodo scientifico. Per permettere a questa definizione di coprire tutte le opere fantascientiche (invece di ‘quasi tutte’) è semplicemente necessario rimuovere la parola ‘futuri’.”.
E su questa base e senza altri intoppi partiamo dunque con…

Gattaca – La porta dell’universo
La porta per l’infinito passa per la trappola della predestinazione genetica.
In un futuro non troppo lontano, la selezione eugenetica pre-nascita è divenuta la norma, e l’umanità è stata divisa tra validi, con il corredo genetico perfetto, e non validi, concepiti naturalmente. Vincent Freeman cerca disperatamente il modo di venire assegnato alla missione spaziale diretta verso Titano, la più grande delle lune di Saturno: ma Vincent è un non valido.
L’opportunità arriva quando Jereme Eugene Morrow, ex-atleta rimasto paralizzato a seguito di un grave incidente, gli offre la possibilità di acquistare ed assumere in segreto la sua perfetta identità biologica; aprendo a Vincent la strada per Titano, ma catapultandolo allo stesso tempo nel mezzo delle indagini per l’omicidio di un collega.
Un cast d’eccezione, scenografie di tono vintage ed una narrativa su più tempi costruiscono in Gattaca uno spaccato futuristico affascinante, umano, vivo e terribilmente attuale.

Arrival
Sceglieremmo comunque il futuro, se ne conoscessimo la forma?
Quando una flotta di navi aliene appare sulla Terra un bel mattino, dodici colossali monoliti che portano con sè con l’enigma di un linguaggio circolare e tecnologie mostruosamente avanzate, la linguista Louise Banks viene chiamata a costruire un dizionario che permetta il dialogo con i nuovi arrivati.
Tra sogni incomprensibili e visioni fratturate, mentre la tensione cresce in un’atmosfera di ansia incerta, e con il solo rapporto con il collega Ian Donnelly a sostenerla, ha inizio la corsa contro il tempo di Louise – per capire, prima che sia troppo tardi.
Basato sul racconto Story of Your Life di Ted Chiang, e con una eccellente Amy Adams nei panni della protagonista, Arrival, diretto da Denis Villeneuve (La donna che canta, Enemy), anticipa le strutture gargantuesche, i suoni metallici e le atmosfere tra terrore cosmico e meraviglia dello sconosciuto di Dune, in una struggente esplorazione dell’elaborazione del lutto e dei concetti di libero arbitrio e predeterminazione.

Se mi lasci ti cancello
Il passato è un teatro pieno di fantasmi.
La travagliata storia d’amore di Joel Barish e Clementine Kruczynski si conclude con una separazione amara; all’insaputa l’uno dell’altra, i due si rivolgono alla clinica Lacuna per avere i ricordi della loro relazione chirurgicamente rimossi. La procedura è assolutamente indolore e perfettamente sicura.
È anche, sfortunatamente, irreversibile.
Infelicemente tradotto dall’originale Eternal Sunshine of the Spotless Mind (dal poema di Alexander Pope), Se mi lasci ti cancello è un’agra commedia romantica tra nostalgia a rimpianto, teatrale nella struttura, con i personaggi che entrano ed escono dagli sfondi come da una scenografia. Bizzarro ed affascinante, e caldamente raccomandato.

Source Code
Il fine giustifica i mezzi (forse)
Il capitano Colter Stevens si sveglia su un treno in viaggio per Chicago, con la memoria confusa di una missione in Afghanistan che non è certo di aver terminato, una migliore amica, Christina Warren, che non rircorda di aver mai incontrato prima, ed il riflesso sbagliato nei finestrini della carrozza. Otto minuti più tardi, il treno esplode.
Il capitano Colter Stevens si sveglia all’interno del relitto di un elicottero, con il ricordo dell’esplosione sul treno ed una voce proveniente da uno schermo che lo informa che gli è stata assegnata una nuova missione: tornare nella carrozza, e trovare l’uomo che ha piazzato la bomba.
Diviso tra la necessità di completare la missione, il bisogno di capire che cosa gli sia successo all’interno di quell’elicottero ed il desiderio crescente di salvare Christine, Colter si ritroverà intrappolato in un infinito loop temporale, otto minuti alla volta.
Cavalcando superbamente la linea tra thriller e fantascienza, Source Code si snoda a ritmo serrato attorno al conflitto tra il bene di molti ed il sacrificio di pochi, con un fantastico Jake Gyllenhaal ed un finale sorprendente.

I figli degli uomini
Domani è già finito.
L’ultima nascita umana del pianeta Terra è stata registrata diciotto anni fa; da allora, non sono più nati bambini. Le società sono al collasso, ed il Regno Unito è sotto il controllo di un governo militaristico totalitario e xenofobico.
Theo Faron e Julian Taylor hanno seppellito il loro unico figlio diversi anni prima; e se Julian ha trovato conforto nella militanza presso l’organizzazione paraterroristica dei Pesci, Theo è divenuto cinico ed amaro, e si è allontanato dalla vita politica.
Quando Julian ricompare nella vita di Theon, è con una bizzarra richiesta: fornire fogli di transito e scortare fino all’imbarco sulla nave Domani una giovane rifugiata, Kee, prima che finisca nelle mani sbagliate.
Tratto dall’omonimo romanzo di P.D.James, con Alfonso Cuarón (Roma, Gravity) alla regia e Clive Owen nei panni di Theo, I figli degli uomini, distopico e dilaniante, è una struggente ode al coraggio ed alla resistenza.
Metto così il punto di chiusura alla stagione dell’uncinetto, ed apro la stagione del telaio. Sono in cerca di qualcosa di nuovo da vedere. Avete consigli per me?
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Dodo migrante londinese. Qui non si vola, al massimo si plana con cautela.
Ama: tirare a indovinare i colpi di scena in una trama, le tisane alle mandorle e le lucine dell’albero di Natale.
Odia: gli Ascoltatori di Smartphone Molesti; perdere le tazze di tè e ritrovarle fredde; chi non paga gli sceneggiatori (argh).