Che cosa vuol dire Penny Dreadful?
ATTENZIONE! Una piccola postilla necessaria prima del post vero e proprio. Questa recensione si riferisce esclusivamente alla prima stagione di Penny Dreadful, che era l’unica che avevo visto quando l’ho scritta. Se volete fare il ripassone totale, qui il cofanetto completo.
Ammetto che questa recensione si sarebbe potuta chiamare anche “Penny Dreadful ed Eva Green”. O più realisticamente “Penny Dreadful e finalmente-una-serie-tv-con-tutto-quello-che-mi-piace”.
Questa serie inglese (perchè a noi piacciono le serie inglesi!) prende il nome dalle riviste economiche (dal costo di 1 penny, appunto) che si vendevano nell’Ottocento e contenevano racconti dell’orrore. Erano la versione macabra dei romanzetti harmony, insomma, e condividevano anche la stessa scarsa qualità. Per questo “penny dreadful” è diventato sinonimo di horror a buon mercato, adatto a spaventare il popolino con dettagli grotteschi e sanguinolenti, ma privo di qualsivoglia pretesa letteraria.
Bene, durante le prime tre puntate della prima stagione ho pensato per tutto il tempo che nomen omen. Mi piaceva poco o nulla: il sangue, l’ambientazione, la recitazione dei personaggi, la realizzazione dei vampiri, mi sembrava tutto “troppo”. Messo lì solo per shoccare lo spettatore e nascondere il vuoto narrativo sottostante. Ma c’era qualcosa che mi attirava, che mi chiamava come il suono misterioso alla fine di un corridoio buio e scricchiolante, mentre sei a letto e in casa non ci dovrebbe essere nessuno (prima puntata docet).
Così ho continuato la visione e ringrazio di averlo fatto!
La mia recensione di Penny Dreadful
Mano a mano la storia si è dipanata, i dettagli splatter hanno assunto un significato non meramente estetico, ma soprattutto, il ritmo si è disteso, con intere puntate dedicate ai flashback che – oltre a spiegare i retroscena dei vari personaggi – hanno avuto il grandissimo merito di lasciare spazio alle doti recitative dei protagonisti, su tutti la meravigliosa Eva Green.
Ma sono arrivata a metà recensione senza avervi ancora detto nulla della trama o dei personaggi!
Se dovessi riassumere Penny Dreadful in due righe, per consigliarlo ad un amico o qualcosa del genere, mi verrebbe da dire “Hai presente la Lega degli Uomini Straordinari? Bene, mischiala con La vera storia di Jack lo Squartatore e avrai Penny Dreadful”.
I protagonisti sono presi a prestito dalla letteratura gotica: il vampiro stile Dracula, che seduce e rapisce le giovani fanciulle? C’è! Dorian Gray e il suo ritratto? Ci sono! Il lupo mannaro? Lo abbiamo! Viktor Frankestein? Abbiamo anche lui! E per fortuna, considerato quanto sia bello l’attore che lo interpreta.
Questo calderone gotico può farvi esaltare o deprimervi, me ne rendo conto. Se poi vi dicessi che la prima stagione è incentrata sulla misteriosa sparizione della figlia di un rinomato scienziato? Se aggiungessi che anche il Demonio in persona ci mette il suo zoccolo? E che tutti gli indizi gridano VAMPIRO da ogni angolo, ma i nostri protagonisti – come nel miglior esempio di Bram Stocker – sono un po’ duretti di comprendonio e non ci vogliono credere davvero? Ecco, qui vorrei fare un appunto personale: Viktor, caro, resusciti gente morta con l’elettricità dei fulmini, non fare quella faccina sconvolta quando scopri che esistono creature che si nutrono di sangue. Su, è poco coerente!
Come dicevo all’inizio, se siete fan dell’orrore e della letteratura gotica come me, questo bizzarro mélange di personaggi e situazioni potrebbe farvi storcere il naso, e molto. Io sicuramente l’ho storto, nelle prime puntate, ma dopo la situazione cambia.
Perché Penny Dreadful non è un rimescolamento mal riuscito, anzi.
I suoi punti di forza a mio avviso sono da cercare sotto il sangue gettato in faccia allo spettatore medio.
Abbiamo una Londra vittoriana, bellissima e decadente, dove è la classe a plasmare i quartieri e le vie: dai sudici vicoli abitati da ubriaconi e prostitute, ai club clandestini e alle oppierie sotterranee per aristocratici annoiati, per passare alle case algide della buona borghesia, le aule universitarie e le sale del British Museum dove si celebra il successo dell’homo novus, l’imprenditore/scienziato che prospera mentre la classe operaia affoga nella propria miseria negli slum a ridosso del Tamigi. Sotto il tessuto urbano, sotto gli stendardi del progresso industriale e coloniale dell’Impero Inglese, scorre una vena macabra mai completamente sopita.
È l’orchidea, che fiorisce per un momento soltanto. È il ragno. La chiesa cattolica che coi suoi riti bizzarri, pieni di sangue e ostie, affascina e respinge l’animo protestante dedito al lavoro.
Ma soprattuto è la Londra dell’epoca di Freud e della Regina Vittoria, dove la sensualità e la sua castrazione sono un connubio indissolubile.
Il viaggio di Miss Ives (Eva Green) alla scoperta delle mostruosità del sovrannaturale è anche e soprattuto un viaggio nel proprio inconscio, diventa una sfida che ogni momento può essere persa. E credo non a caso le numerose scene di prostrazione fisica e di lotta che vedono protagonista Eva Green mi fanno pensare più a Keira Knightley/Sabina Spielrein in A Dangerous Method infilata a forza in una vasca piena d’acqua per calmare la sua isteria che non alle scene di possessione demoniaca a L’esorcista.
A differenza dei personaggi del romanzo di Stocker, tuttavia, questa compagine londinese non cerca di frenare l’orrore. Certo, ne ha ribrezzo, e fascino, anche. Ma lo accoglie, ci flirta, lo nasconde poco, appena il necessario perché non si veda dalla facciata. Il personaggio di Vanessa Ives, assimilabile per certi versi a Mina Murray, ne è la prova evidente: non si lascia salvare dagli uomini, non è una fanciulla innocente traviata dal male, ma una donna che col male contratta e lotta e compete, anche perché sa che il male è il proprio doppio, l’ombra che si porta dietro. Eva Green, nei suoi bellissimi costumi vittoriani algidi e severi, è circondata da altri attori molto bravi, ma c’è poco da dire, è lei la calamita dello show.
Del resto, come dai penny dreadful ottocenteschi ogni tanto emergeva un capolavoro come Carmilla o Varney il vampiro, cosa vieta che dal panorama delle serie tv horror non nasca un piccolo gioiellino come Penny Dreadful?
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Ricercatrice universitaria, quindi la sua vita è fatta di ansia, procrastinazione e studi di genere.
Ama: impegnarsi in qualcosa, la musica indie italiana, fingere di essere un gatto e il caramello salato.
Odia: le brioche con poco ripieno, il lunedì mattina e il piumone freddo d’inverno.