Usare ecobio o no: un chiarimento

In un certo senso mi sembra doverosa una spiegazione della mia policy riguardo l’uso della cosmesi ecobio. Probabilmente su questo blog arriveranno persone diverse: chi usa bio da anni, chi sta muovendo i primi passi, chi non sa nemmeno cosa sia. Arrivano e si trovano spaesate: cosmesi coreana? Nomi strani? Ecobio? Aziende cosmetiche italiane? Ma questa usa bio o no? O consiglia le cose a caso, o peggio è una di quelle che sì-oddio-compriamo-ecobio-che-fa-figo!?

Per rispondere a questo tipo di domande, ho deciso di scrivere questo post che linkerò ogni volta che parlerò di cosmesi, così il mio punto di vista rimane chiarito una volta per tutte.

Una premessa etica

È impossibile parlare di ecobio senza parlare di ambiente a tutto tondo. Le nostre azioni, comportamenti ed abitudini hanno un impatto enorme sull’ambiente in cui viviamo che, come tutti sappiamo benissimo, non gode proprio di ottima salute. I motivi che ci spingono ad attuare certi comportamenti possono essere diversi: salutistici per alcuni, per la tutela del benessere degli animali per altri, contro l’inquinamento e per salvaguardare la salubrità di aria, acqua e cibo per altri ancora, è impossibile fare una lista completa. Alcune scelte sono collettive e politiche, altre sono individuali ma non per questo meno importanti (odio il ragionamento “ma tanto lo fanno tutti” perché è un circolo vizioso). Alcuni comportamenti sono più accettati e più facili da attuare, meno costosi e così via… Altri invece sono difficili.

Tutte, però, indistintamente, sono scelte PERSONALI. Io sono dell’idea che ognuna debba fare ciò che può, ciò che non gli richiede uno sforzo eccessivo (economico, di tempo, di salute, di energia etc), e che ognuno debba guardare il proprio orticello senza criticare gli altri – sono sicura che se prendessimo il tempo che passiamo a criticare gli altri e lo investissimo ragionando su cosa possiamo fare NOI per risparmiare risorse preziose, le cose andrebbero molto meglio per tutti, ambiente compreso.

Odio chi fa le classifiche dell’ambientalista perfetto. C’è chi mangia carne e chi non lo fa, chi va a lavoro a piedi o coi mezzi e chi usa la macchina, c’è chi usa la borraccia e chi solo acqua in bottiglia, chi si fa la raccolta differenziata benissimo e chi no, chi usa ecobio e chi no, chi compra poco e usato e chi spende per avere qualità e così via. I comportamenti sono talmente tanti che non sono classificabili. Quello che può essere un piccolissimo sforzo per me, può essere un macigno per un altro: per esempio io non ho la macchina e anche se ce l’avessi la userei pochissimo e solo di notte o per andare in posti impervi, mentre per altre persone è una necessità o una comodità troppo grande per potervi rinunciare.

Inoltre dobbiamo considerare che per la maggior parte delle cose è praticamente impossibile calcolare il reale “costo” ambientale e sociale: lo spiega benissimo Daniel Goleman nel suo libro Intelligenza ecologica che consiglio veramente a tutti. In pratica non abbiamo ancora gli strumenti per sapere se è meno “impattante” acquistare x piuttosto che y, per farvi un esempio rimanendo in tema di cosmesi non sappiamo se comprare la marca commerciale sotto casa o farsi spedire dall’altro capo di Italia il prodotto ecobio sia *davvero* meglio per l’ambiente.

Quindi che facciamo, rinunciamo a tutti i nostri comportamenti virtuosi? Assolutamente no! Solo, li prendiamo con le pinze, sapendo che ci basiamo su una conoscenza che è ancora ai suoi albori, e che quello che oggi riteniamo essere il meglio domani potrebbe essere smentito. Ci vuole duttilità e flessibilità, insomma, e un pizzico di buon senso. Ovviamente abbassare il termostato di un grado o due può solo che fare bene, ma purtroppo la maggior parte delle scelte non sono così semplici come potrebbero sembrare a prima vista.

In una galassia lontana lontana…

Dopo il pippone etico, vi beccate quello autobiografico. Ho iniziato ad usare bio più o meno 10 anni fa, quando se ne iniziava a parlare ma se ne accennavi alle amiche o alla vicina di casa ti guardavano ancora strabuzzando gli occhi. Le ragioni che mi hanno spinta era la voglia di usare prodotti che non danneggiassero l’ambiente e che migliorassero, possibilmente, i miei disastrati pelle&capelli. Mi affascinava anche il fatto che con pochi semplici ingredienti (quelli che si trovano in cucina per esempio) si potessero ottenere risultati paragonabili a quelli dei costosi prodotti di profumeria. Le bioprofumerie non esistevano quasi e i prodotti si ordinavano da internet, spesso dall’estero, oppure ci si armava di buona pazienza e si spulciavano gli INCI dei vari prodotti da supermercato. Ah, bei tempi! Ho acquisito una discreta conoscenza di INCI e anche se non sono espertissima me la cavo. I miei capelli sono migliorati, la pelle un po’ meno: era sempre grassa e con imperfezioni e le varie cremine consigliate non facevano un granchè. Però ero adolescente, a parte il liceo non avevo altri impegni e stavo ore ed ore su internet a leggere e informarmi. Insomma, avevo tempo!

Poi cosa è successo? È successo che sono cresciuta e sono andata a vivere da sola per frequentare l’università e il mio tempo libero magicamente non c’era più! Ho smesso di cercare prodotti nuovi e usavo a rotazione quei 4-5 che mi piacevano e di cui mi fidavo.

Nel frattempo, esasperata dalla mia faccia, sono anche andata in visita da una dermatologa e ho capito perché la mia pelle non migliorava mai: soffro di acne microcistica, dovuta a fattori ormonali non controllabili, e dopo più di un anno di cure molto pesanti (in cui la mia pelle era incredibilmente migliorata) la situazione è tornata come prima non appena ho smesso la terapia.

Insomma, la mia faccia mi ha fatto CIAONE e la devo tenere così com’è.

La dermatologa però mi aveva anche dato dei prodotti da usare e – scoperta! – anche se non erano ecobio funzionavano meglio di tutta la roba provata fino a quel momento. In pratica mi spalmavo silicone in faccia e la mia pelle stava meglio che con le cremine ecobio. CIAONE parte due (ho la pelle burlona).

Silicone mon amour: sono dannosi o no?

Quindi ricapitolando: dopo qualche piccolissima soddisfazione con l’ecobio scopro che la mia pelle reagisce meglio ai prodotti tradizionali… che faccio? Ho passato una sorta di *crisi* verso l’ecobio e ho iniziato ad alternare i due tipi di prodotti, alla ricerca di ciò che mi faceva stare meglio (non è bellissimo convivere con bubboni cicatrici macchie e quant’altro, chi ha sofferto di acne penso mi possa capire). Ho capito che i siliconi spesso occludono meno i pori rispetto ai prodotti ecobio ma pieni di oli super comedogeni. Ovviamente il fattore ambientale è un altro.

Ho scoperto la skincare coreana (che è la roba meno ecobio che esista sulla faccia della terra, temo) che però mi ha salvato la faccia, perché finalmente ho trovato dei prodotti veramente adatti alle pelli grasse! Ho comprato prodotti siliconici anche per i capelli, stufa di combattere contro crespo e l’umidità di Genova. Tutto questo direi tra i quattro anni fa e massimo un anno fa. Con i capelli ho retto di più perché era il campo dove avevo ottenuto i risultati migliori, ma comunque ho ceduto.

E allora che problema c’era?

La figliol prodiga

C’era che non ero contenta del mio capitombolo. Sentivo di non aver spremuto il mondo ecobio fino all’ultimo. E infatti avevo ragione. Ho ripreso ad informarmi, roba che non facevo da circa 5 anni, ho scoperto che nel frattempo è uscito il mondo. Tantissime marche e prodotti che non conoscevo minimamente! Ho anche capito che posso conciliare cosmesi coreana ed ecobio italiano, ovviamente con dei compromessi: ho scoperto il sito http://cosdna.com/ che è il biodizionario coreano, in pratica. Fate attenzione quando lo usate perché è diverso rispetto al nostro biodizionario, è più permissivo: alcuni prodotti che da noi sono rossi lì li segna gialli e così via, quindi lo consiglio a chi comunque di INCI un po’ ci capisce. Ho letto, cercato, sperimentato. Ora ho raggiunto un punto di equilibrio – che come tutti gli equilibri è per sua natura instabile e sono sicura che sia destinato a cambiare, ma per ora mi trovo bene.

Lo posso riassumere così:

  • per il corpo uso ecobio quasi al 100%, ma se mi regalano qualcosa di non-ecobio oppure mi innamoro di una profumazione particolare uso/compro lo stesso!
  • per il trucco direi 50-50: il fondotinta di solito è accettabile*, quello liquido che uso ogni morte di papa invece è siliconico: mi stucco la faccia una sera per qualche oretta e va bene così. Il resto del make-up è diviso a metà.
  • per i capelli uso ecobio al 99%: avendo ancora da smaltire qualche prodotto siliconico del periodo-crisi, se è per una serata speciale o qualcosa del genere uso una noce di prodotto. Quando li avrò finiti penso che non li ricomprerò!
  • per il viso direi che siamo di nuovo su un fifty-fifty e la direzione in cui voglio andare è provare ad eliminare completamente i siliconi ed usare prodotti ecobio italiani od europei mischiati a qualche prodotto coreano scelto oculatamente e diciamo accettabile.

Ma dopo tutto questo discorso forse ti starai chiedendo che motivi ci sono dietro la mia tenacia a voler usare ecobio. Eccoli:

  • aiutare l’ambiente
  • evitare prodotti potenzialmente dannosi per la pelle o che possono creare problemi
  • favorire le piccole aziende italiane che con amore, rispetto del lavoro e del territorio creano prodotti meravigliosi!
  • usare prodotti semplici e multiuso, che costano poco e si trovano ovunque (olio di cocco, gel d’aloe etc…)
  • ovviamente gli effetti cosmetici!
  • un controargomento alla lamentela “ma il bio costa tanto!”: oramai si trova ovunque a prezzi super competitivi, da Tigotà trovate Ekos, Biolis, Bioteca Italiana, Omnia Botanica, Equilibra, Provenzali Bio, Delidea, solo per fare un esempio.

Spero che questa spiegazione vi sia piaciuta, fatemi sapere da che parte state: se usate ecobio o no e perché, se condividete le cose che ho detto oppure no 🙂

Giulia
* con il termine “accettabile” di solito si intende un prodotto non ecobio (quindi non certificato da nessun ente) ma con ingredienti buoni o che comunque non contiene quelli ritenuti peggiori come i siliconi e i derivati del petrolio.

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