Era il lontano 2017: fresca, ahimè, di sbarco a Londra, decisi coraggiosamente (sic) di affrontare il traumatico (sic, parte seconda) trasloco dandomi all’esplorazione delle lande vergini (terzo ed ultimo sic) della grigia Albione.
Una volta esaurita una buona parte delle mete cittadine più facilmente raggiungibili, e avendo buttato l’occhio su più selvaggi territori, avrei dovuto prevedere che il primo problema che mi si sarebbe presentato sarebbe stata l’assenza di compagni di viaggio disposti a farsi un minimo di dieci miglia sotto la pioggia ed in mezzo ad un roveto: nondimeno, la scoperta di suddetta assenza mi lasciò offesa ed esterrefatta. Una vera sorpresa – chi l’avrebbe mai detto?
Per farla breve, l’alternativa era non andare o andare da sola.
Ho trascorso le prime due ore della mia prima gita in solitaria – poco meno di venti chilometri sulle scogliere mozzafiato delle Seven Sisters, dalla stazione di Seaford, East Sussex, alla luminosa Eastbourne, facendo su e giù tra una salita e l’altra e chiedendomi chi me l’avesse fatto fare (c’è sempre un momento in ogni camminata nel quale ti chiedi perché, ma te l’ha ordinato il medico?) – in un vago stato di indefinibile ansia.
Mi Sarei Persa? Chi Mi Avrebbe Aiutato Se Mi Fossi Rotta Una Gamba? E Se Il Telefono Si Fosse Spento? Mi Avrebbero Rapita Nei Boschi?
In realtà, il percorso delle Seven Sisters è l’equivalente pedonale di un’autostrada a tre corsie. Non ho mai – mai – trovato meno di un milione di persone sul sentiero, e c’è gente che va girando in sandali, canotta e borsetta da picnic. Non c’è modo di perdersi, fintanto che si è dotati di un paio di occhi che non siano coperti da due fette di prosciutto (basta tenere il mare alla tua destra), e un eventuale rapitore si sarebbe trovato con la necessità di trascinarmi per, diciamo, due miglia in ogni direzione verso la strada più vicina. In caso di gamba rotta (ma come te la sei rotta?), ti siedi, chiami o fai chiamare i soccorsi, e si presume che un elicottero arriverà a recuperarti. Il trucco è tenersi sempre lontani dall’orlo della scogliera, perché non sono previste ringhiere, la roccia è friabile, ed io non ho un paracadute.
Da allora ho fatto tanta strada (ah!), e ripensare a quella prima gitarella mi fa sentire tutta tenera dentro; e senza voler andare ad insegnare a nessuno Come Si Fa A Viaggiare, ho pensato sarebbe stato utile condividere cinque cose che ho imparato andando a camminare da sola, e che avrei voluto che qualcuno mi spiegasse quando ho cominciato.
1. Una mappa è un accessorio necessario ed imprescindibile
Questa suona ovvia, ma apparentemente non lo è. Se vi state accingendo ad andare a camminare da soli in un posto che non conoscete, per amor di Thor, preparatevi il percorso in anticipo. Improvvisare è bello, ma sempre con cautela.
Preparare un percorso significa quantomeno:
- Sapere con certezza da dove si parte e dove si arriva: essere certi di quali saranno le vostre opzioni per il trasporto verso il punto di partenza e dal punto di arrivo;
- Informarvi sugli eventuali punti di sosta (e, giacchè ci siete, verificare se avrete modo di procurarvi acqua, cibo e un bagno lungo il cammino);
- Verificare quanto sarà lunga in totale la strada, ed assicurarvi di essere in grado di percorrerla senza morire di stanchezza;
- Avere una buona idea del grado di difficoltà dell’itinerario (andare per montagne su sentieri sterrati non è la stessa cosa, concorderete, che passeggiare saltellando in mezzo a freschi campi di pianura baciati da un delicato sole primaverile).
Aggiungo che, mentre Google Maps ha un posto particolare nel mio cuore, non è a tutti gli effetti una soluzione per gli escursionisti. Non è semplicemente pensato per questo. Ci sono alternative – AllTrails è la prima che mi viene in mente – ma la soluzione ideale sarebbe acquistare una carta topografica da escursionismo: le carte Kompass, ad esempio, mi sono arrivate con buone raccomandazioni.
2. Come capire che aria tira
Vi è mai capitato di arrivare da qualche parte, dare un’occhiata in giro e pensare “wow, incredibile, sento l’improvviso ed urgentissimo bisogno di essere altrove, subito”?
Ecco. Si chiamano vibrazioni negative. Date ascolto alle vibrazioni negative, le vibrazioni negative sono vostre amiche.
Ma io mica sono l’Uomo Ragno, vibrazione negativa, cosa sarebbe una vibrazione negativa? Personalmente, il mio campanello d’allarme prediletto sono tonnellate di rifiuti in un posto che sembra altrimenti abbandonato da uomini e dei: per dire… pile di sacchetti in mezzo alla campagna deserta; fazzoletti per terra nel folto di un bosco ed al fondo di un sentiero che ci avete messo due ore a percorrere; ultime ma non ultime, bottiglie e siringhe, ovvie e sempre molto di moda.
Mi viene inevitabilmente da chiedermi come sono arrivate qui, chi ce le ha portate e dove è la persona in questione, adesso?
Un’altra delle mie situazioni meno favorite è camminare al bordo di una strada che abbia recinzioni e/o campi scoperti su entrambi i lati. Non solo è facile farsi investire – è anche facile farsi scippare la borsa. O peggio. Nessuna via di fuga!
La cosa fondamentale è prestare attenzione all’ambiente circostante: cercare di essere consapevoli, continuamente, di cosa sta succedendo sul sentiero che state percorrendo
3. Scarpe, borse e calzini
Prima di precipitarsi in corsa al Decathlon più vicino, considerate che – a meno che non stiate scarpinando in mezzo alla neve – quello che indosserete è relativamente poco importante: una maglietta di cotone, pantaloni lunghi e comodi e strati sufficienti e siete a posto (strati, sempre plurale, non importa che stagione faccia).
Quello sul quale mi sento di dirvi che non dovreste assolutamente risparmiare è quel che mettete ai piedi e quel che mettete in schiena.
Investite in scarpe di qualità – e investite in calzini di qualità! Pochi pensano ai calzini (io di sicuro al principio non ci pensavo), ma i calzini sono fondamentali: lì dentro c’è il vostro piede che sobbolle gentilmente nel corso di quelle otto ore di marcia in montagna. Un paio di calze decenti vi proteggeranno da vesciche, irritazioni e lesioni.
Per quanto riguarda le scarpe, dopo molto ponderare, la mia personale selezione è caduta su un paio di Salomon a stivaletto, perchè io sarei in grado di inciampare anche su un pavimento perfettamente liscio, e riparare le caviglie costa.
Allo stesso modo, la scelta della borsa è una considerazione fondamentale: preme solo sulle spalle o distribuisce il peso su fianchi e torace? C’è spazio a sufficienza per tutto quel che mi serve? Tasche laterali e facilmente accessibili? Una copertura impermeabile in caso di pioggia?
Io ho optato per una Osprey da 45 litri: decisamente sovradimensionata per una gitarella fuoriporta, ma può essere facilmente riutilizzata per accompagnare un viaggio più lungo.
4. Tutta l’elettronica di supporto
Nella mia borsa non mancano mai i seguenti tre oggetti:
1.un telefono cellulare (anche se avete optato per le mappe cartacee – il telefono non può mancare);
2. una batteria esterna di buona qualità (per ricaricare il suddetto telefono);
3. una torcia elettrica di quelle che possono essere fissate alla fronte.
Ho usato la torcia elettrica in una sola occasione: dopo aver sbagliato strada, mi sono trovata su un itinerario discretamente più lungo di quello inizialmente pianificato. D’inverno il tramonto arriva presto ed in fretta, ed ancora prima se si cammina tra gli alberi: alle tre del pomeriggio, il sentiero era già buio. Senza la torcia, sarebbe stato difficile evitare di finire in una scarpata.
Una torcia vi renderà inoltre visibili a biciclette e macchine di passaggio; e potrebbe esservi utile in caso di emergenza.
5. Kit di primo soccorso
Idealmente, il kit di primo soccorso non andrebbe mai usato: quando e se viene usato, è il segno che qualcosa è andato storto. Ma non mi sentirei a mio agio ad andare a camminare, da sola o meno, senza almeno alcune tra le basi. Il mio kit contiene sempre:
- Cerotti e fasciature di varie dimensioni
- Antidolorifici e antipiretici
- Disinfettante
- Bende elastiche (per un rimedio di emergenza dopo una slogatura: vi aiuteranno almeno a zoppicare fino al posto di pronto soccorso più vicino)
- Crema lenitiva contro le punture e i morsi d’insetto
In seconda battuta suggerirei un antistaminico (ma vi consiglio vivamente di parlarne con un medico o un farmacista prima dell’acquisto); pinzette e forbicine; aloe vera per le eventuali bruciature da sole; e soluzione salina, in una confezione piccola, magari, per gli occhi.
Aggiungete inoltre a questo crema solare ad alta protezione (assolutamente fondamentale in ogni stagione) e crema lenitiva per le labbra (senza la quale, dopo il fatidico Incidente sulla Scogliere del Maggio 2018, io non esco mai di casa). Meglio prevenire che curare!
E giacché siamo in tema: gli occhiali da sole non sono un accessorio, sono un’assoluta e disperata necessità. Gli occhi sono una parte estremamente delicata del corpo, e sono soggetti a scottature da sole quanto e più del resto della faccia; e ci può bruciare in estate, in inverno, in spiaggia, in montagna, in città, con il bel tempo e con la pioggia – parola di londinese ustionata.
Cosa ne pensate? Siete d’accordo o c’è qualcosa che mi consigliereste di aggiungere alla lista?
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Dodo migrante londinese. Qui non si vola, al massimo si plana con cautela.
Ama: tirare a indovinare i colpi di scena in una trama, le tisane alle mandorle e le lucine dell’albero di Natale.
Odia: gli Ascoltatori di Smartphone Molesti; perdere le tazze di tè e ritrovarle fredde; chi non paga gli sceneggiatori (argh).